ROMA,16 dicembre 2020

Anigas: “I nuovi obiettivi Ue devono passare anche dal gas”

Intervista alla dg Bucci: dalla revisione del regolamento Ten-E al target del 55%, passando per idrogeno, gare gas, Tee e fine tutela. I nuovi ingressi e l’ipotesi dell’associazione unica

di Carlo Maciocco

Questo il commento del dg di Anigas, Marta Bucci, alla proposta di revisione del regolamento Ten-E presentata ieri dalla Commissione Ue (QE 15/12).
 
In un’intervista a tutto campo con QE, a pochi giorni dall’assemblea associativa tenutasi il 10 dicembre, il direttore generale ha affrontato non solo le grandi sfide europee (compreso l’innalzamento del target sul taglio delle emissioni al 55%) ma anche i principali dossier italiani: la strategia sull’idrogeno, le gare gas, la riforma dei Tee, il fine tutela. E poi il futuro associativo: nelle scorse settimane Anigas ha visto l’ingresso di BP Italia, CPL Concordia e Olt Offshore Lng Toscana come soci effettivi e Asja Ambiente Italia e Yanmar Energy System Europe Gmbh come soci aggregati. Ma sullo sfondo resta il tema dell’associazione unica di settore.
 
Presentando la revisione del regolamento Ten-E sulle infrastrutture energetiche la commissaria Ue all’Energia, Kadri Simson ha sottolineato che la proposta della Commissione “dà priorità alle reti elettriche, all’energia offshore e ai gas rinnovabili, e non ammette più che si sostengano le infrastrutture per il petrolio e il gas naturale”. Che impatto può avere tale decisione sul vostro business e sul futuro del gas in Italia?
E’ condivisibile che si vogliano sostenere e privilegiare investimenti nelle reti elettriche e nelle infrastrutture dedicate alla promozione dei gas rinnovabili e dell’idrogeno. Tuttavia è importante evitare rigidità che possano compromettere l’importante contributo che il gas, quale fonte e vettore di transizione, è chiamato ad assicurare nei prossimi anni in Europa proprio per raggiungere gli obiettivi del Green Deal. In altri termini più che una chiusura totale sarebbe forse più opportuno prevedere la possibilità di valutare, caso per caso, la coerenza di investimenti che potrebbero essere necessari, anche sulle reti gas, per raggiungere gli obiettivi ambiziosi che ci siamo dati.
 
A questo proposito, il nuovo target del taglio del 55% delle emissioni al 2030 su cui sembra convergere la Ue è più un’opportunità o un rischio per il settore gas?
Noi ci auguriamo che l’innalzamento del target rimuova le opposizioni ideologiche al gas. È giusto che l’obiettivo sia ambizioso ma poi dobbiamo mettere a terra gli interventi con pragmatismo, valutando ciò che è possibile fare con relativi tempi e costi. Più si vuole essere ambiziosi più si devono valorizzare i diversi strumenti tenendo conto delle specificità di ciascun Paese. Noi riteniamo che il sistema gas Italia abbia ancora un potenziale di decarbonizzazione che può essere liberato. Come? Sostituendo il carbone nella generazione elettrica ma anche, più in generale, combustibili più inquinanti in altri contesti territoriali, grazie a tecnologie nuove molto performanti dal punto di vista ambientale (pompe calore, microcogenerazione).
Poi c’è il percorso altrettanto importante del contenimento delle emissioni fuggitive. Di recente la Ue ha lanciato la propria strategia sul tema (QE 14/10) e noi abbiamo promosso un’iniziativa nell’ambito del Programma ambientale dell’Onu, Unep, (QE 23/11) per favorire  l’adesione della filiera gas italiana a un nuovo framework per la condivisione di  best practice e di strategie di riduzione. Un’opportunità importante se si pensa che Unep ipotizza un taglio del 15% delle emissioni globali lavorando solo su quelle fuggitive di metano.  È poi significativo che abbiano aderito anche aziende di medie dimensioni, segnale che l’industria italiana è pronta alle nuove sfide.
Un terzo aspetto riguarda poi la promozione del green gas e dell’idrogeno.
 
Sotto questo profilo il dibattito si concentra spesso su due nodi: la scelta dei “colori” e la fattibilità del trasporto sulle reti, oltre alla produzione/consumo in loco…
Più che parlare di colori dell’idrogeno ci piacerebbe concentrarci sulla definizone di un percorso funzionale a  sviluppare quello che il Mise nella proprie Linee guida definisce ‘ecosistema’ per poter raggiungere l’obiettivo di penetrazione del 20% al 2050, ambizioso ma condivisibile. Occorre riflettere anche qui in maniera pragmatica, ragionando su tempistiche coerenti e salvaguardando anche la competitività del nostro sistema produttivo che sarà poi il principale cliente finale dell’idrogeno. A tendere sarà verde ma in una prima fase occorre valutare l’opportunità di prendere in considerazione anche quello low carbon, senza pregiudizi.
Riguardo al blending, bisogna pensare che ad oggi circa 23 mln di clienti utilizzano quotidianamente il gas e se vogliamo farli partecipare a un percorso di transizione (e non possiamo non farlo) bisogna decarbonizzare il vettore gas. Sono ovviamente necessari molti approfondimenti soprattutto dal punto di vista della normativa tecnica ma è una linea d’azione da promuovere , anche per valorizzare le nostre infrastrutture, particolarmente diffuse.
 
Ma come valutate le Linee guida del Mise?
Sono ancora molto generali. La visione di lungo termine è condivisibile, a nostro avviso va meglio individuato un percorso che, senza rigidità,  individui per ogni fase alternative diverse, sempre in un’ottica di pragmatismo. Tenendo sempre conto che occorre privilegiare l’utilizzo delle Fer per la produzione elettrica.
 
Passando a questioni più di breve termine, malgrado l’intesa raggiunta al Mise a fine luglio (QE 30/7) l’atteso intervento normativo per sbloccare le gare gas ancora non si vede. C’è una parte del settore che frena?
Difficile dirlo. Ci sono indubbiamente sensibilità diverse e forse interessi contrastanti ma a mio avviso occorre mettere da parte gli interessi più puntuali e guardare a quelli del settore. Anche perché le gare sono uno strumento per mettere a terra investimenti preziosi per i territori e per rilanciare la ripresa economica, nonché per razionalizzare il settore. Speriamo che questo valore possa essere percepito e si ritorni a valutare interventi di perfezionamento e semplificazione che possano dare nuovo impulso al processo. Quello che forse noi possiamo fare è spiegare meglio il perché è ancora attuale avere un sistema di distribuzione più efficiente e pronto ad accogliere le nuove sfide. Le gare non sono un ostacolo all’evoluzione del settore ma uno strumento che ci può aiutare.
 
Altra riforma attesa è quella dei Tee. Cosa vi aspettate dal decreto Mise?
I certificati bianchi sono un esempio anche di eccellenza ma negli ultimi anni  l’importante crisi di  liquidità  ha dimostrato la fragilità del meccanismo. Non essendo un vero mercato (dato che la domanda è rigida) le due curve di domanda e offerta non possono bilanciarsi. Mentre si andrà ad aumentare la liquidità favorendo la semplificazione, si dovrà trovare un nuovo equilibrio sostenibile per le bollette ma anche per i soggetti obbligati.
Ci auguriamo che nel decreto ci siano elementi di flessibilità volti a equilibrare domanda e offerta e valutiamo con favore anche la possibilità delle aste come strumento di accompagnamento. Ma va sperimentato, per capire come gestirlo.
 
Spostandoci a valle della filiera, ormai il superamento della tutela per le Pmi dal 1° gennaio 2021 sembra irreversibile. E in vista dell’appuntamento del 2022 per i domestici c’è chi (come Squeri di FI) chiede di trattare separatamente elettricità e gas
Anche qui occorre affrontare il percorso senza pregiudizi, mantenendo intatta l’esigenza di tutelare il consumatore finale (sebbene le attuali regole siano già tutelanti a nostro avviso) e rafforzando l’affidabilità del mercato tramite l’Albo venditori. C’è poi il tema della confrontabilità delle offerte perché il valore della liberalizzazione non sta solo nella componente economica ma anche nella varietà dei servizi accessori offerti, per cui occorre creare nel consumatore la necessaria competenza tramite campagne informative.
Riguardo alle differenze tra elettricità e gas bisogna ricordare che si tratta ormai di un unico mercato energetico integrato per cui, tenuto conto delle specificità dei due settori, riteniamo che sia comunque da  considerare il percorso nell’insieme.
 
Venendo infine alle questioni associative, Anigas ha visto di recente nuovi ingressi importanti e da tempo si parla di associazione unica. Quali i prossimi passi?
L’associazione ha di fronte una grande sfida che è cercare di fare sistema, favorendo il confronto tra le aziende e facendo sì che il percorso della transizione venga affrontato assieme da tutta la filiera, anche per superare le opposizioni ideologiche al gas. L’associazione può dare un grande contributo, anche nell’ottica di comunicare meglio e di spiegare il valore del percorso di decarbonizzazione del settore. È chiaro che la razionalizzazione della rappresentanza è un aspetto che le nostre aziende hanno a cuore, soprattutto in questo momento di discontinuità e trasformazione.